Coltivare la Cipolla dorata di Parma non è solo un piacere gastronomico, ma anche un gesto di recupero della biodiversità agricola emiliana. Si tratta infatti di una varietà pregiata e versatile, apprezzata per il suo gusto dolce e per la sua eccezionale conservabilità. È una pianta rustica, adattabile e generosa, capace di regalare grandi soddisfazioni anche a chi si avvicina al giardinaggio orticolo per la prima volta.
La Cipolla dorata di Parma (Allium cepa) appartiene alla famiglia delle Amaryllidaceae e viene coltivata come pianta annuale. Presenta un bulbo subgloboso lievemente appiattito, composto tuniche esterne, secche e cartacee, che assumono la caratteristica colorazione dorata, mentre internamente è bianca e succosa.
Dove coltivare la Cipolla dorata di Parma
La Cipolla dorata di Parma cresce in modo ottimale con temperature comprese tra 12°C e 25°C. Può sopportare brevi gelate fino a –4°C nella fase giovanile, ma il freddo sotto–6°C danneggia irrimediabilmente i germogli. Anche il caldo sopra i 32°C è pericoloso poiché favorisce la disidratazione del bulbo, con conseguente riduzione della qualità.
Nelle regioni più calde possiamo seminarla tra ottobre e novembre dove le giovani piante svernano e riprendono vigore in primavera. Proteggiamo comunque le giovani piantine dal freddo invernale con una pacciamatura leggera con paglia o un velo di tessuto-non-tessuto (tnt). Nelle zone con inverni rigidi è meglio attendere il mese di marzo quando il rischio di gelate è ridotto.
Nell’orto scegliamo un’esposizione soleggiata e ventilata, indispensabile per ottenere bulbi sani, asciutti e ben conservabili. In condizioni di ombra o scarsa luce, la pianta sviluppa foglie sottili e bulbi piccoli e deformi...
Le malattie fungine in autunno rappresentano un problema tipico nei nostri giardini. L’autunno infatti è una stagione particolarmente insidiosa per le piante poiché ritroviamo tutti i fattori che stimolano lo sviluppo delle spore e delle malattie fungine. Le piogge frequenti, l’umidità persistente e le temperature più miti creano un ambiente ideale per lo sviluppo dei funghi patogeni, capaci di compromettere rapidamente la salute di ortaggi, alberi da frutto e piante ornamentali.
In autunno le spore fungine trovano le condizioni ideali per svilupparsi: il terreno resta umido per molte ore, le notti si allungano e la ventilazione naturale si riduce. Se aggiungiamo a ciò la presenza di residui vegetali non rimossi o un’eccessiva densità di piante, il microclima diventa perfetto per l’insediamento dei patogeni. Anche la primavera è un periodo critico, per la presenza di piogge e temperature miti, ma l’autunno è spesso il momento in cui i funghi iniziano a colonizzare le parti più deboli delle piante e svernano nel suolo per superare l’inverno.
Un orto autunnale può offrire ancora molte soddisfazioni, anche se molti appassionati di giardinaggio associano l’orto alla primavera e all’estate, quando i campi e i balconi esplodono di colori, fiori e ortaggi pronti per la tavola. Invece in autunno le temperature più miti offrono le condizioni ideali per molte specie orticole che soffrirebbero durante il caldo estivo. Inoltre l’umidità autunnale e le giornate ancora relativamente luminose permettono una crescita regolare delle piante senza stress idrico e con minori esigenze irrigue.
Gli ostacoli di un orto autunnale sono rappresentati dalle giornate che tendono ad accorciarsi, riducendo quindi le ore di luce solare e dal rischio delle prime gelate, soprattutto nelle regioni settentrionali e nelle aree interne. Nelle zone più fredde dovremo proteggere le colture con tunnel o veli traspiranti di tnt (tessuto-non-tessuto). Anche l’eccesso di piogge che può causare ristagni idrici e marciumi radicali, richiedendo quindi una buona gestione del drenaggio del terreno e trattamenti preventivi contro le malattie fungine.
Coltivare in autunno ci permette di sfruttare un momento di equilibrio climatico che consente di raccogliere ortaggi gustosi, arricchire la dieta con prodotti di stagione e mantenere vivo il contatto con la terra anche nei mesi meno caldi.
Un buon motivo per coltivare un Evonimo alato sul terrazzo è la spettacolare trasformazione del suo fogliame in autunno, che da verde diventa rosso brillante. Inoltre è una pianta rustica e facile da coltivare anche per chi è alle prime armi nel giardinaggio.
L’Evonimo alato (Euonymus alatus) appartiene alla famiglia delle Celastraceae ed è una delle tante specie del genere Evonimi che comprende diverse piante ornamentali. Si tratta di un arbusto deciduo e le foglie sono presenti sulla pianta da aprile fino a ottobre e ai primi freddi: quando spuntano sono di colore verde scuro e con l’arrivo dell’autunno assumono toni sul fucsia e sul rosso cremisi fino alla loro caduta. Una caratteristica che li rende particolarmente ornamentali in una stagione povera di colori.
Da aprile a maggio la pianta produce tanti piccoli fiori verdognoli, poco vistosi, che si trasformano in autunno in capsule fruttifere rosate, piene di semi arancioni. Le bacche sono tossiche per l’uomo ma attirano molte specie di uccelli selvatici.
In commercio possiamo trovare diverse varietà di Evonimi alati, differenti per la tonalità del rosso autunnale, ma anche per la forma della pianta: gli ibridi compatti, che non superano i 150 cm, sono particolarmente indicati per la coltivazione in vaso.
Sul terrazzo possiamo coltivare l’Evonimoalato come pianta isolata oppure in abbinamento con sempreverdi dal fogliame verde scuro (come Buxus o Ilex) per mettere in risalto i colori autunnali. Possiamo usarlo anche per creare barriere o schermi decorativi, piantando più piante in fila in vasi rettangolari.
La Abelia grandiflora è uno degli arbusti ornamentali più apprezzati per la lunga fioritura, la resistenza e la versatilità. Dotata di un’elegante chioma lucida e fiori campanulati profumati, è perfetta per creare bordure e siepi basse ma anche come esemplare isolato.
Le Abelie sono un genere di piante della famiglia delle Caprofoliaceaeche comprende sei specie. La Abelia × grandiflora è un ibrido ottenuto nell’Ottocento dall’incrocio tra l’Abelia chinensis e l’Abelia uniflora, entrambe originarie dell’Asia orientale, caratterizzato per una fioritura più abbondante e duratura.
Si tratta di un arbusto semi-sempreverde, a seconda delle condizioni climatiche, con un portamento tondeggiante ed espanso. Può raggiungere un’altezza e larghezza di 2 metri, con rami arcuati e flessuosi. Le foglie sono piccole, ovali, lucide e di un bel verde scuro brillante, che in autunno possono assumere sfumature bronzee o rossastre. I fiori, tubolari e campanulati, sono bianco-rosati, delicatamente profumati e riuniti in piccoli gruppi ascellari o terminali. Appaiono sulla pianta verso giugno e persistono fino a ottobre.
Dove coltivare la Abelia grandiflora
Cresce bene con temperature comprese tra i 15°C e i 30°C, ma sopporta senza problemi i caldi estivi italiani fino a 38/40°C a patto venga adeguatamente irrigata. Tollera bene anche il gelo fino a -10°C.
Per una fioritura abbondante e un fogliame brillante, richiede almeno 6 ore di sole diretto ogni giorno. Cresce bene anche in mezz’ombra, ma produrrà meno fiori.
Nelle regioni con clima mite, come le zone costiere tirreniche e adriatiche, l’Abelia mantiene le foglie tutto l’anno, comportandosi come...
Il Philodendron bipinnatifidum è una delle piante ornamentali da interni più apprezzate per l’aspetto scenografico delle sue grandi foglie.
È originario delle zone subtropicali e tropicali del Sud America e appartiene alla famiglia delle Araceae. Si tratta di una pianta perenne sempreverde, di natura erbacea ma dall’aspetto robusto e arbustivo, in grado di raggiungere dimensioni notevoli anche in casa. In natura può superare i 5 metri di altezza e allargarsi in proporzione, mentre in appartamento mantiene uno sviluppo più contenuto, solitamente entro i 2 metri.
Dove coltivare il Philodendron bipinnatifidum
Cresce bene con temperature comprese tra i 18°C e i 28°C. Non ama il caldo intenso, oltre i 35°C, che può provocare il disseccamento delle foglie. Può tollerare il freddo fino a circa 5°C ma vi suggeriamo di non esporlo a temperature troppo basse.
Cresce bene anche in mezz’ombra, come avviene nella giungla, ma è meglio scegliere una posizione luminosa. In estate, nelle zone con caldo intenso, proteggiamo le foglie dai raggi solari diretti per evitare ustioni...
Possiamo coltivare il Giunco fiorito in giardino se desideriamo una pianta ornamentale acquatica raffinata ed eleganza. I suoi fiori di colore rosa pallido, disposti in graziose ombrelle, si stagliano sopra ciuffi di foglie lineari creando scenografie suggestive lungo i bordi di stagni, laghetti artificiali o vasche ornamentali. Inoltre attira gli insetti impollinatori, come api e farfalle, che arricchiscono l’ecosistema del giardino.
Il Giunco fiorito (Butomus umbellatus) appartiene alla famiglia Butomaceaeed è una pianta erbacea perenne rizomatosa, adattata agli ambienti acquatici e palustri. Il suo apparato radicale è costituito da rizomi carnosi che si ancorano saldamente al fondo fangoso degli specchi d’acqua. Le foglie sono lineari, nastriformi, lunghe fino a 1 metro: crescono erette, emergendo dall’acqua e conferiscono alla pianta un portamento elegante.
Le foglie hanno un apice acuminato e margini affilati: attenzione perché sono taglienti e possono ferire. È una caratteristica sottolineata anche nel suo nome scientifico: Butomus deriva infatti dal greco antico ed è composto dai due termini bous (bue) e tomos (taglio), in riferimento alla capacità delle foglie affilate di ferire il bestiame.
È una pianta caducifoglia e il fogliame si sviluppa da aprile fino a ottobre. Inizialmente di colore verde, col passare del tempo le foglie cambiano tonalità, diventando porpora e poi verde scuro. In inverno entra in riposo vegetativo e la parte aerea si secca, mentre i rizomi rimangono attivi nel substrato, pronti a rinascere la primavera successiva.
In estate, da maggio ad agosto, gli steli fiorali spuntano sopra il fogliame portando grandi infiorescenze a ombrella, composte da 20/30 fiori stellati di colore rosa pallido con sfumature lilla. Nelle zone più...
La presenza di Scarafaggi in casa non deve essere sottovalutata perché, oltre a suscitare repulsione, sono potenziali veicoli di malattie e contaminazioni alimentari. Frequentando ambienti malsani, come le fogne, le setole delle loro zampe possono trasportare di virus e batteri, portatori di salmonellosi, epatite A, legionella tifo e dissenterie batteriche. Non solo: le loro feci e i frammenti dell'esoscheletro possono scatenare reazioni allergiche, asma, eczemi e problemi respiratori, in particolare nelle persone fragili, come bambini e anziani.
Per queste ragioni è importante prevenire l’arrivo di questi animali e intervenire tempestivamente quando notiamo la loro presenza. Rapidità e prevenzione sono importanti poiché sono animali molto prolifici e non è per niente facile disinfestare la casa in presenza di un’invasione. Gli Scarafaggi sono presenti sulla terra da oltre 300 milioni di anni, quindi molto prima di noi umani e quando le terre emerse erano riunite in un unico mega continente chiamato Pangea: se sono sopravvissuti a tutti gli sconvolgimenti che hanno toccato il nostro pianeta, tanto fessi non devono essere. Anche il termine “scarafaggio” risale agli antichi romani (scarabaeus), anche se non si tratta di “scarabei” ed è più corretto chiamarle “blatte” poiché appartengono all’ordine dei Blattoidei.
Come riconoscere gli scarafaggi in casa
Per capire la resistenza di questi animali, basti pensare che possono sopravvivere per settimane senza cibo e riescono a vivere persino senza testa: muoiono solo per disidratazione, perché senza bocca non possono bere. Inoltre sono velocissimi: fino a 1,5 metri al secondo. Hanno problemi solo con il freddo intenso: infatti sono presenti in tutti continenti, tranne nelle regioni polari e oltre i 2.000 metri di altitudine.
L’uso di Olio di Neem per la cura delle piante edibili, dell’orto o del frutteto, è una soluzione biologica per limitare la presenza di insetti parassiti e rafforzare le difese naturali delle piante. Il Neem o Nim è un albero originario dell’India (Azadirachta indica) e produce fiori bianchi e frutti simili alle olive. I frutti e i semi contengono azadiractina, un principio attivo che trova numerosi impieghi in campo cosmetico, veterinario e agrario. Basti pensare che in India le foglie di Neem vengono inserite tradizionalmente negli armadi e nei letti per allontanare gli insetti molesti.
In particolare l’azadiractina svolge un’azione fagorepellente: gli insetti che si avvicinano rimangono quindi disgustati e si allontanano. È importante notare che il Neem non influenza l’attività delle api e degli impollinatori.
Oltre a svolgere un’azione protettiva, il Neem è anche un ottimo concimo organico azotato.
Un’altra caratteristica interessante dei prodotti a base di Neem è l’attività sistemica: una volta assorbito dalle foglie o dalle radici resta presente nel sistema linfatico esercitando la sua azione repellente nel tempo.
Infine il Neem è completamente biodegradabile e costituisce alimento per la flora microbica del terreno che aumentando la propria attività favorisce maggior accumulo di humus nel suolo e quindi di azoto a lento rilascio.