Se siamo amici del verde non possiamo non continuare a coltivare gli alberi di Natale anche dopo le feste! Chi ha una maggiore sensibilità ecologica avrà scelto un albero “vero”: oltre a essere naturale ha un minore impatto sull’ambiente rispetto a quelli artificiali di plastica, che vengono spesso prodotti dall’altra parte del mondo e non sono riciclabili. È importante infatti ricordare che nessuna foresta viene distrutta per gli alberi di Natale che troviamo nei negozi specializzati: vivaisti specializzati li coltivano a questo scopo, in zolla o in vaso, nelle zone dell’Appennino e delle Alpi.
COLTIVARE GLI ALBERI DI NATALE DOPO LE FESTE
Normalmente gli alberi di Natale sono conifere arboree sempreverdi appartenenti al genere Picea di cui si conoscono circa 40 specie differenti. Il colore rossastro tipico della sua corteccia, che si sfalda in squame, gli ha valso il nome di abete rosso.
È una pianta tipica delle regioni temperato-fredde dell’emisfero settentrionale: è resistente al freddo, alle gelate tardive ed è adatta ai climi con forte escursione termica. Può raggiungere altezze di 40 metri e vivere fino a 500/700 anni.
Trattandosi di una specie originaria del nord Europa, appare evidente che la casa con il suo clima caldo secco non è il luogo ideale per fare crescere un Picea abies.
SUGGERIMENTI PER LA MESSA A DIMORA
Scegliere il luogo della messa a dimora considerando che la pianta diventerà un albero adulto e quindi richiede spazio.
Quella di coltivare i Carciofi è un’attività che possiamo affrontare in autunno e in inverno. I Carciofi sono rinomato per essere relativamente facili da coltivare e molto resistenti alle avversità climatiche. In estati molto calde e secche, questa pianta può approfittare delle sue scorte di liquidi e nutrienti per entrare in uno stato letargico e ridestarsi se irrigata abbondantemente.
Coltivare una carciofaia, cioè un orto di Carciofi, richiede però alcune attenzioni, tra cui quella di riservare parecchia superficie alle piante seminate o messe a dimora, ma la resistenza e la natura pluriennale delle piante permette di ottenere più raccolti per diversi anni senza seminare nuovamente. Anche se è consigliabile spostare la carciofaia ogni 4-5 anni, come suggerito in agricoltura biologica, in modo da prevenire possibili patologie.
COLTIVARE I CARCIOFI: ATTENZIONE AL CLIMA
Possiamo scegliere tra molte varietà, come il Carciofo romanesco detto ancheMammola che ha un ciclo vegetativo tardivo e si raccoglie da gennaio a luglio, il Carciofo violetto, il Carciofo di Sant’Erasmo o veneziano o il Carciofo di Paestum che ha il marchio Igp.
Nonostante la loro resistenza a molte circostanze avverse, una buona carciofaia può dare il suo meglio in un ambiente dal clima temperato, senza estati troppo calde né inverni troppo rigidi, con una buona esposizione al sole. Per questo motivo, la raccolta del Carciofo viene solitamente condotta nei mesi freddi al centro e al sud Italia e all’inizio della primavera nelle regioni settentrionali. Mentre nelle regioni del Mezzogiorno é possibile coltivare una carciofaia all’aperto, al centro-nord può essere necessario allestire...
Coltivare le Acacie è un'attività conosciuta fin dai tempi più antichi nel Mediterraneo. Oggi sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo per le foglie verdi sottili e per i fiori prevalentemente di colore bianco o giallo più o meno acceso: l’esempio più famoso di questa famiglia di piante è l’Acacia dealbata, ovvero la nota Mimosa, i cui rametti in fiore vengono regalate alle nostre donne ogni anno in primavera. Esistono anche eccezioni particolari, come l’Acacia leprosa che ci dona fiori di un bel rosa intenso.
Le Acacie sono anche conosciute per donare i loro fiori dai mesi più freddi fino a quelli più tiepidi dell’inizio della primavera. Infatti le Mimose fioriscono all’inizio di marzo.
Coltivare la Sassifraga in vaso è possibile. I suoi fiorellini, che sbocciano in primavera in vari colori tra il bianco e varie tonalità di rosa, offrono un tocco di colore in ambienti spesso molto aspri e freddi come quelli alpini, da cui il nome Sassifraga, cioè “pianta che spacca le rocce”. Molto spesso, la Sassifraga, in virtù del suo nome, viene fatta crescere in terreni rocciosi, e a volte viene usata per riempire gli spazi vuoti di qualche muretto in pietra.
Diffusa un po’ in tutto l’emisfero settentrionale, dal nord del Mediterraneo al Giappone, fino ad arrivare al litorale artico, la Sassifraga è particolarmente apprezzata per la sua adattabilità, anche se prediligono un ambiente luminoso con un clima temperato, dai 7°C ai 18°C.
Cresce in forma di piantine alte circa 10 cm, che si distendono sul suolo come tappezzanti. L’effetto sulle aiuole è particolarmente suggestivo: al momento della fioritura, si possono trasformare in nuvole colorate.
Esiste però una specie di Sassifraga particolarmente indicata per la coltivazione in vaso: la Saxifraga stolonifera, che resiste anche fino a 0°C.
Usare le piante per dormire è la soluzione più naturale per chi soffre di bassa qualità del sonno: un tema di grande attualità. Uno degli elementi importanti per la nostra salute, che nella vita moderna tendiamo a sottovalutare e trascurare, è proprio il sonno.
Impegnati dal lavoro, dalla famiglia, affaticati dallo stress delle faccende personali spesso ci capita di dormire male o troppo poco. Soprattutto nel tran tran della vita cittadina, in mezzo a cemento, condomini, uffici e traffico, diventa sempre più difficile quel contatto con il silenzio e la serenità della natura. Siamo ben lontani da una situazione propizia per garantirci un sonno costante e regolare, che la medicina ci ricorda come indispensabile per prevenire le malattie e rallentare l’invecchiamento.
Fortunatamente, nelle condizioni più difficili, le virtù di alcune piante ci aiutano a garantirci il giusto relax per un sonno ristoratore.
Le piante per dormire: quali sono le migliori e come usarle
I fiori del Biancospino, disseccati, vengono usati in infusione per tisane con proprietà rilassanti e per favorire la digestione. Un estratto di Biancospino è anche disponibile in gocce, usato anche come antidepressivo naturale.
La Melissa, invece, ci aiuta a favorire il sonno placando i nostri stati ansiosi e lo stress, il panico e l’agitazione, agendo sulla sfera emotiva.
La Lavandaci è nota prima di tutto per il profumo fresco dei piccoli fiori lillà nelle nostre aiuole. Questi stessi fiori, infusi in una tisana con miele e fiori di tiglio, sono l’ideale per calmare la mente razionale e prepararci...
La lotta alle Cocciniglie impegna molti appassionati di giardinaggio poiché sono insetti molto diffusi e dannosi. Si alimentano succhiando la linfa dalla pianta e, a prescindere dagli organi che attaccano (foglie, rami, tronco, frutti o radici), provocano vistosi deperimenti. I danni si spingono fino alla perdita totale del raccolto o della pianta stessa. Praticamente nessuna pianta ornamentale o da frutto ne è indenne.
I danni sono in genere visibili a partire dalla tarda primavera, ma in quella fase l’invasione è in atto e l’unica via controllo è quella di utilizzare degli insetticidi sistemici. In autunno invece possiamo colpire le Cocciniglie nel momento in cui sono più esposte, anche con prodotti naturali e consentiti in agricoltura biologica.
PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE
Se consideriamo il ciclo biologico di molte Cocciniglie, scopriamo infatti che le neanidi, cioè le forme giovanili dell’insetto che daranno origine ai nuovi adulti e alla infestazione primaverile, sono già presenti e particolarmente vulnerabili in autunno.
In questo periodo infatti il trattamento oltre a raggiungere meglio l’insetto, in quanto la vegetazione che lo protegge è assente o assai minore, risulta molto più efficace in quanto le strutture di difesa del parassita non si sono ancora sviluppate o quasi assenti.
QUANDO TRATTARE
Specialmente nelle piante a foglia caduca, il momento ideale è quello compreso tra l’inizio e la fine caduta foglie (in genere ottobre/novembre): periodo in cui i ricoveri naturali dell’insetto come gli anfratti della corteccia sono più esposti e quindi facilmente raggiungibili dal trattamento.
Proteggere le piante dal freddo invernale è molto importante, poiché le temperature sotto lo zero potrebbero congelare le radici di molte piante da giardino, portandole alla morte. Specialmente le Conifere e gli esemplari giovani appena trapiantati sono particolarmente a rischio.
Per proteggere le piante dal freddo invernale possiamo ricorrere a due pratiche agronomiche antiche e totalmente naturali: sono la rincalzatura e la pacciamatura. Entrambe hanno lo scopo di proteggere le radici dagli sbalzi termici, attraverso la costituzione uno strato più o meno spesso di materiale inerte.
PROTEGGERE LE PIANTE DAL FREDDO INVERNALE: LA RINCALZATURA
La rincalzatura consiste nel creare una piccola montagna di terreno alla base del fusto della pianta. Può avere un’altezza di 10-20 cm, in funzione delle dimensioni delle piante. Il materiale accumulato, che andrà rimosso all’inizio della primavera, deve risultare friabile, non compattato e ben drenante per evitare nocivi ristagni di acqua.
LA PACCIAMATURA
La pacciamatura consiste invece nella distribuzione di uno strato di materiali inerti sul terreno alla base delle piante. Questo strato proteggerà le radici del gelo e offrirà anche altri vantaggi: come una minore necessità di irrigazione, poiché l’umidità del terreno viene trattenuta ed evapora meno facilmente, e una riduzione delle erbe infestanti, che non riescono a spuntare e a ricevere luce a causa dello strato di pacciamatura.
QUALI MATERIALI UTILIZZARE
Per la pacciamatura possiamo usare vari materiali inerti, spesso molto diversi fra loro. I più comuni e disponibili a costo zero sono la paglia, i residui sminuzzati delle potature del giardino, le foglie secche e i residui di taglio del prato...
Coltivare la Calluna sul terrazzo ci offre la possibilità di donare agli angoli esterni del nostro appartamento un tocco di bellezza delicata, mettendoci però alla prova con una pianta che, nella sua rusticità, richiede comunque l’adozione di attenzioni particolari.
La Calluna (Calluna vulgaris) è conosciuta anche come Brugo o Erica selvatica, per la grande somiglianza con la piccola pianta dai fiori fucsia. Avendo un periodo di fioritura che cade tra i mesi di agosto e novembre, con la sua bellezza ci accompagna verso l’inizio dell’inverno.
Tutti noi possiamo produrre compost in giardino, seguendo l’antica pratica del compostaggio domestico dei rifiuti vegetali. Sia nella stagione vegetativa, sia in inverno considerando la potatura, il giardino produce una grande quantità di materiali organici. Tramite il compostaggio possono essere reimmessi nel ciclo naturale in modo vantaggioso per il terreno oltre che per il portafoglio.
In sostanza con il compostaggio riproduciamo in forma controllata e accelerata i processi naturali che trasformano la sostanza organica in humus.
PRODURRE IL COMPOST IN GIARDINO: QUALI MATERIALI COMPOSTARE
Tutti i rifiuti contenenti materiali organici di origine vegetale possono essere usati per fare compost: sfalci d’erba (esclusi i 2-3 tagli successivi all’applicazione di un erbicida), bucce di verdura, cimature di ortaggi e fiori, foglie secche, potature di legno, lettiere di conigli, piccioni e volatili.
Nel compostatore non vanno introdotti i rifiuti o sostanze non completamente biodegradabili o se contaminati da sostanze pericolose, tossiche o nocive. Attenzione inoltre a non utilizzare piante o parti di piante malate o marce in quanto propagheremo ulteriormente nel giardino l’infezione di cui sono affette. È inoltre controindicato aggiungere i residui di carne o di grasso.
Il prodotto che si ottiene è il compost verde che è un fertilizzante naturale ad alto contenuto in humus che migliora la qualità e la fertilità del suolo, rendendolo più soffice e leggero, in grado di trattenere maggiormente l’umidità e gli elementi fertilizzanti, rendendoli disponibili alle radici in modo graduale.